“Mia sorella è stata uccisa perché non voleva contribuire all’omicidio di un suo ex fidanzato, passato con gli Scissionisti, e con il quale aveva avuto una relazione tre anni prima”. Francesco Verde, fratello di Gelsomina, torturata, ammazzata e bruciata dalla camorra a 21 anni, ci tiene a fare chiarezza su un omicidio avvenuto il 21 novembre del 2004, all’inizio della faida di Scampia. Mina fu la prima vittima innocente della guerra tra i Di Lauro e gli Scissionisti e oggi il suo nome è tornato sulle cronache dei giornali dopo la notizia dell’inizio della collaborazione con la giustizia di Gennaro Notturno, detto ‘o Sarracino, oggi 47enne, killer che insieme alle famiglie Abete e Abbinante e insieme ai vecchi colonnelli di Ciruzzo ‘o milionario (Cesare Pagano e Raffale Amato) diede il via alla scissione. ‘O Sarracino per un breve periodo ebbe una relazione con Mina.
Francesco Verde oggi ha 37 anni, è sposato e ha un figlio. Dal 2013, dopo un passato burrascoso alle spalle, ha fatto strada come attore partecipando alla seconda e alla terza serie (in uscita a novembre) di Gomorra e in tanti altri film dopo essere partito con “L’oro di Scampia”. Da “Colpi di fortuna” prodotto da De Laurentiis a “Si accettano miracoli” di Alessando Siani, fino al film “Falchi” di Toni D’Angelo e al recentissimo “Veleno” di Diego Olivares che al Festival di Venezia ha riscosso numerosi apprezzamenti. “La mia vita è cambiata e oggi sono fiero di girare a testa alta per Scampia e condividere e insegnare a tanti giovani il mio sapere” spiega Francesco che ci tiene però a ritornare sulla morte della sorella Mina per sottolineare quello che forse oggi qualcuno ha dimenticato.
Francesco, sono passati 13 anni da quel 21 novembre 2004, perché ci sono ancora polemiche sulla morte di tua sorella?
“Perché spesso le persone dimenticano cosa significava vivere in quegli anni a Scampia, in un territorio completamente abbandonato dallo Stato. Ma innanzitutto vorrei chiarire una cosa…”.
Prego…
“Mina non fu uccisa perché aveva una relazione con uno scissionista. Tre anni prima era stata fidanzata per pochi mesi con Gennaro Notturno che non era ancora un pericoloso criminale anche se aveva già intrapreso quella strada. Mina fu uccisa perché si rifiutò di dare ai killer dei Di Lauro le foto di ‘o sarracino, che all’inizio della faida non si faceva vedere in giro. Usciva solo per compiere agguati”.
Perché volevano le foto da lei?
“Sapevano che in passato era stata legata a lui. Poi mia sorella all’epoca faceva doposcuola casa per casa, aiutava molte persone, era molto conosciuta nel quartiere. Era diplomata in ragioneria e faceva volontariato. E’ stata avvicinata per questo, perché i killer sapevano che potevano avere informazioni utili”.
Ma lei si rifiutò di aiutarli…
“Non voleva prendere parte, anche indirettamente, a un omicidio. Disse che le foto di Notturno non le aveva e che se le avesse avute non le avrebbe date perché non voleva essere coinvolta nella faida”.
Dopo 13 anni c’è solo un killer in carcere: Ugo De Lucia, considerato l’autore materiale dell’omicidio e condannato all’ergastolo.
“Questo è quello che più mi rattrista. In carcere sono finiti De Lucia e Pietro Esposito, divenuto poi collaboratore di giustizia, che ha scontato la sua pena (7 anni e sei mesi, ndr). Poi altre sette persone coinvolte nell’omicidio e nell’occultamento del cadavere di mia sorella sono state solo indagate ma mai condannate per assenza di prove nonostante le dichiarazioni di diversi pentiti. Più volte è capitato di incontrarli in giro per strada”.
Nel processo la sua famiglia si è inizialmente costituita parte civile.
“Si e nella sentenza depositata nel luglio del 2006, i giudici sottolineano questo: “Si badi, ed è il caso di sottolinearlo con forza che, a fronte di decine e decine di morti, attentati, danneggiamenti estorsivi e paraestorsivi, lutti che hanno coinvolto persone innocenti che non avevano nulla a che fare con la faida in corso, ma che hanno avuto la sventura di trovarsi al momento sbagliato nel posto sbagliato, finanche anziani e donne trucidate impietosamente, ebbene di fronte a tale scempio, fatto di ingenerato ed assurdo terrore, non vi è stata alcuna costituzione di parte civile, ad eccezione dei genitori di Gelsomina Verde”.
Siete stati i primi, poi nel 2010 avete accettato il risarcimento del boss Cosimo Di Lauro e rinunciato a costituirvi parte civile. Perché?
“E’ il nocciolo delle polemiche di questi giorni. In tanti stanno criticando la mia famiglia perché dopo sei anni dall’omicidio di mia sorella si sarebbe piegata alla legge del clan. Non è così. Innanzitutto ci tengo a precisare che i 300mila euro di Cosimo Di Lauro provenivano da un premio assicurativo per un incidente in cui fu coinvolto quando era adolescente. Non erano soldi sporchi del traffico di droga o di altri affari illeciti che facevano. Dopo sei anni di sofferenza, dove non siamo stati aiutati dallo Stato nonostante una coraggiosa decisione presa nel pieno della faida, abbiamo deciso di accettare il risarcimento”.
Che anni sono stati quelli dopo la morte di Mina?
“Ti dico solo che nel palazzo dove abita mia madre (mio padre è scomparso lo scorso anno) vive al primo piano la suocera di De Lucia. Ma non è solo questo. Subito dopo l’omicidio di mia sorella e prima dell’inizio del processo, più volte ci sono stati offerti soldi dalla camorra. Soldi che abbiamo sempre rifiutato. I miei genitori vivevano nel terrore, ben consapevoli che potesse succedere qualcosa al sottoscritto. Ero l’unico figlio e loro dopo anni terribili, dove praticamente non hanno vissuto, hanno deciso di accettare il risarcimento e ripartire. Ripeto, sono stati abbandonati da tutti in un quartiere dove si uccideva quasi tutti i giorni”.
Sono cose queste che solo chi le vive può capirle…
“Bisogna avere più rispetto sia per me che, soprattutto, per i miei genitori. C’è chi ha parlato di etica senza però conoscere l’inferno in cui vivevamo. Noi la nostra parte l’abbiamo fatta ma ripeto siamo stati lasciati soli già dai mesi successivi all’omicidio di Gelsomina”.
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