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Marinella entra nel carcere di Pozzuoli con un laboratorio artigianale di cravatte

Abbattere la recidiva è davvero possibile? Ad oggi questa domanda pare essere stata incanalata verso la giusta direzione. Almeno nel carcere di Pozzuoli, dove le testimonianze sulle condizioni di vita dietro le sbarre non lasciavano presagire nulla di buono per il futuro delle detenute. E’ di oggi però una notizia che sembra rischiarare finalmente tutte le ombre che si erano addensate sul fine pena di numerose donne. Il prestigioso marchio napoletano “Marinella” ha, infatti, deciso di mettere a disposizione, a titolo puramente gratuito, tutta l’esperienza professionale accumulata nel corso degli anni in modo tale da collaborare nella creazione di una vera e propria sartoria nella casa circondariale femminile di Pozzuoli.

Un modo per rendere possibile il riscatto sociale del singolo e, di conseguenza, preservare la sicurezza dell’intera collettività è possibile e il protocollo d’intesa firmato proprio oggi dal capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria Santi Consolo, da Maurizio Marinella e Dario dal Verme indica la strada da seguire: puntare tutto sul lavoro penitenziario prediligendo però i progetti di qualità. Solo così alle detenute sarà offerta una chance in più di riprendere in mano la propria vita scegliendo, almeno questa volta, di stare dalla parte della legalità.

Nel laboratorio di sartoria artigianale che, da qui a poco, prenderà vita nel carcere di Pozzuoli saranno confezionate esclusivamente le cravatte in dotazione alla polizia penitenziaria e quelle da usare come cadeaux istituzionali. Ovviamente le donne da impiegare nel ciclo di produzione intraprenderanno un vero e proprio percorso formativo nel settore tessile che, si spera, possa essere spendibile anche dopo l’esecuzione della pena così da creare una forza lavoro altamente specializzata e, di conseguenza, pronta per rispondere alle rinnovate esigenze del mercato del lavoro.

Dal canto suo Maurizio Marinella si è dichiarato felice d’aver avuto l’opportunità di poter collaborare alla realizzazione di questo progetto che seguirà in ogni minimo dettaglio a cominciare dalla progettazione del laboratorio per finire poi al percorso formativo finalizzato al coinvolgimento di numerose detenute solo così, in fondo, sarà possibile vincere la sfida per favorire il “tessuto sociale disagiato di Napoli” dando cioè “una possibilità a chi è stato meno fortunato di altri”.

redazione

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