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La storia di Eusapia Palladino, la più potente medium d’Italia

Eusapia Palladino è un nome oggi poco noto. Ma a cavallo tra il 1800 ed il 1900, tutti, in Europa, sapevano chi fosse. Era un’epoca d’oro per gli imbroglioni, un’epoca in cui raggirare le persone facendo ricorso alle arti occulte era un gioco da ragazzi. Quasi da dilettanti. Bastava ricamarsi addosso un personaggio più o meno carismatico, una parvenza di autorevolezza, ed il gioco era fatto. Chiunque desiderasse varcare i confini della morte, per parlare con un parente scomparso, poteva farlo.

La scienza ovviamente non rimase a guardare il proprio primato sgretolarsi sotto i colpi medianici e mediatici di chi possedeva poteri paranormali. E reagì con una azione capillare, una restaurazione dell’ordine logico, arrivando a mobilitare le menti e gli uomini migliori nel tentativo di spiegare cosa ci fosse dietro fenomeni apparentemente inspiegabili. La scienza smascherò centinaia di presunti medium, ma con Eusapia Palladino, fallì.

Eusapia non era nessuno, finché non scoprì di possedere poteri che agli altri esseri umani erano interdetti. Ma il dono di quei poteri richiese un prezzo in sangue. Eusapia Palladino nacque a Minervino Murge nel 1854, da famiglia povera. Da bambina subì un evento traumatico: dovette assistere all’uccisione del padre da parte di alcuni banditi.

Lei se la cavò con una ferita (grave) alla testa, procurata dal calcio di un fucile scagliato con violenza contro la sua tempia. secondo lo studioso Cesare Lombroso fu proprio quel colpo a sprigionare i suoi poteri. La famiglia a cui fu affidata si spostò a Napoli quando Eusapia aveva dodici anni. Andarono a vivere nei bassi del porto.

Lì, nonostante la tenera età, Eusapia si guadagnava da vivere facendo la bambinaia, anche se il suo sogno segreto restava quello di imparare ad usare il telaio. Iniziò a conoscere gente, finché non capitò nella casa di una signora che praticava sedute spiritiche. Per chiudere il cerchio mancava una persona, e fu chiesto ad Eusapia il favore di partecipare.

Ciò che si scatenò non appena la napoletana d’adozione toccò le mani dei suoi vicini, è difficile dirlo. Le testimonianze parlavano confusamente di volti umani che emergevano dalle pareti, improvvisi rumori si sollevavano da ogni lato della camera, voci spettrali che raggelavano il sangue dei presenti, un umore bianco che evaporava dalla ferita alla testa di Eusapia.

In quel trambusto, l’unica a non fuggire fu la padrona di casa, che poté così descrivere l’espressione di sbigottimento che pervase il volto dell’incredula novella medium. Era il 1874, e la vita di Eusapia cambiò radicalmente. Ora tutto le parlava di morte, e la morte le parlava attraverso ogni cosa. Qualunque oggetto era veicolo di nuove apparizioni.

Una medianità incontrollabile, insomma, la cui eco cominciò a raggiungere ogni angolo dell’Italia, e a scomodare l’interesse di fior fiore di scienziati. Cesare Lombroso era uno di loro, famoso per aver teorizzato che l’odio (concetto solitamente vago e teorico) ha un fondamento scientifico, preciso, individuabile, e spendibile in ambito criminologo.

Un uomo che non ha paura di matematizzare un sentimento, sembra perfetto per fare a pezzi i superpoteri di Eusapia. E invece accadrà esattamente il contrario: sarà Eusapia a fare a pezzi le convinzioni del famoso scienziato italiano. Dopo due ore di manifestazioni paranormali, Cesare Lombroso dichiarò, non senza turbamento: “E’ magia”.

Stessa sorte toccò ad altri scienziati che si avventurarono nell’impresa di smascherare i trucchetti della donna d’origini pugliesi. Da Julien Ochorowitz che la analizzò a Varsavia, al Premio Nobel Marie Curie e Charles Richet, che ebbero modo di vederla all’opera a Parigi, tutti convennero che voci, presenza, fenomeni, non potevano essere spiegati in alcun modo.

Fu allora la volta dell’America. La invitarono anche lì, per assistere alle sue sedute, controllandole mani, piedi, testa, movimenti. Ma niente. In qualsiasi ambiente si trovasse, di qualunque scenografia disponesse, non allestita da lei, talaltro, Eusapia Palladino riusciva ad evocare i morti, presenze fisiche che spuntavano dai muri, emettevano suoni, spostavano oggetti.

Quanto guadagnò Eusapia da tutto questo? Nulla. Versava in condizioni di semi-indigenza, e stanca di una vita da cavia, si ritirò definitivamente a Napoli. Fu lì che la scienza decise di dare l’affondo definitivo. Furono riuniti ben venti luminari nel 1910, tutti intenti a carpire i segreti di questa anziana signora che continuava a tenere in scacco loro e la logica stessa.

Di fronte alle medesime manifestazioni di sempre, i venti luminari decisero di farla finita lì, stilare un verbale sbrigativo in cui la definivano “prestigiatrice e truffatrice”, senza però rilasciare ai posteri alcuna motivazione alle conclusioni raggiunte. Difficile credere che, riusciti nell’impresa di smascherarla, quando tutto il mondo aveva fallito, questi scienziati non avessero voglia di rivelare come avevano fatto.

Più facile ipotizzare l’ultima ed ennesima sconfitta, e la necessità di non farlo sapere in giro, approfittando di una donna che non avrebbe potuto mai smentirli, anziana, stanca, e prossima a raggiungere tutte quelle persone di un tempo che fu.

redazione

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