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Menu tipico del pranzo di Santo Stefano a Napoli

Se nel resto d’Italia il cenone della Vigilia e il pranzo di Natale sono all’insegna dell’esagerazione, il giorno di Santo Stefano viene spesso definito come quello ‘degli avanzi’. A Napoli questo discorso non deve essere assolutamente mai intavolato soprattutto se si è durante le festività natalizie. In città, ogni scusa è buona per potersi accomodare in cucina e per poter gustare le prelibate specialità che la tradizione culinaria partenopea è in grado di offrire ai propri commensali.

E il pranzo di Santo Stefano non deve mai fare eccezione, anzi. Il menu del 26 dicembre deve essere sempre ricco e sostanzioso, deve iniziare con un antipasto e terminare con il solito dolce. Almeno a Napoli non sono ammesse eccezioni di alcun tipo. E’ importante superare come da tradizione le 2.000 calorie, solo in questo caso il napoletano Doc potrà dichiararsi soddisfatto ed essere pronto per il gran cenone bene augurante di fine anno.

ANTIPASTO PER IL PRANZO DI SANTO STEFANO A NAPOLI

L’antipasto è una portata seria, almeno a Napoli. Quindi, anche durante il pranzo di Santo Stefano la tavola, imbandita sempre a festa, deve rendere onore ai propri commensali con un piatto di affettati misti, formaggi vari e conserve di verdure. I napoletani non vogliono sentire scuse, nonostante le abbuffate dei giorni precedenti, le festività natalizie sono sacre. Ai chili di troppo ci si pensa dopo. Senza nessuna fretta.

PRIMI PIATTI PER IL PRANZO DI SANTO STEFANO A NAPOLI

I manfredi con la ricotta o, per dirla alla napoletana, ‘e manfredi cu ‘a ricotta hanno un’origine leggendaria. Si narra, infatti, che furono ideati nel 1250 per onorare il Re di Sicilia, Manfredi di Svevia. All’epoca il sovrano era in lotta con il Papato per ottenere il dominio totale su tutta l’Italia Meridionale. Giunto nel Sannio, Manfredi fu accolto dalla popolazione locale con questa deliziosa prelibatezza preparata con il suo formaggio preferito: la ricotta. Solo in seguito ci fu l’aggiunta del pomodoro.

CONTORNI PER IL PRANZO DI SANTO STEFANO A NAPOLI

Uno dei contorni più amati dai napoletani durante le festività natalizie è proprio la scarola ‘mbuttunat o, se si preferisce l’italiano corretto, la scarola imbottita alla partenopea. L’etimologia del termine ha una derivazione tardo latina: ‘escarius‘ che significa semplicemente commestibile. La spiegazione non lascia ben sperare sulle qualità organolettiche della “cichorium endivia“. L’alimento è ricco soprattutto di acqua e ci è voluta la sapiente mano napoletana in cucina per trasformarlo in una portata di tutto rispetto.

SECONDI DEL PRANZO DI SANTO STEFANO

Come è usanza a Napoli, quando si condisce il primo piatto con la salsa di pomodoro cotta a ragù, il secondo che viene servito a tavola è la carne usata per insaporire ‘o rraù. Generalmente si tratta di carne bovina, lacerto nello specifico che deve essere, senza eccezioni di sorta, di ‘annecchia’, cioè di una vitella giovane che non superi l’anno di vita. Per gli appassionati di cucina e teatro consiglio l’opera “Sabato, domenica e lunedì di Edoardo de Filippo dove donna Rosa, la protagonista della pièce teatrale, spiega nel dettaglio come procedere per la preparazione del vero rraù napoletano.

Fabiana Coppola

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