Tradizioni

Gabbiadini e la scuola calcio che (non) si chiama Napoli

Quando eri piccolo e i tuoi genitori ti scrivevano alla scuola calcio erano due cose principali che dovevi imparare: i fondamentali e l’idea di squadra, ovvero di far parte di un gruppo di persone, di lottare insieme per raggiungere un obiettivo.

A volte poi capitava che durante la fase di crescita, dai Pulcini agli Allievi passando per Esordienti e Giovanissimi, capitava che più di una volta avevi screzi con l’allenatore, che entravi in campo demotivato e senza stimoli. Che quasi lo facevi apposta a giocar male, così dopo andavi dal genitore di turno a lamentarti e a innescare l’ennesima, inutile, polemica.

Bene, dopo aver fatto questa, doverosa, premessa, è bene fare giusto qualche piccola considerazione su Manolo Gabbiadini, 25 anni il prossimo 26 novembre e un contratto che lo lega al Napoli fino al 2019 con quasi 2 milioni di euro a stagione.

Gabbiadini al 7 novembre 2016 ha disputato 12 gare per un totale di 434 minuti. Due reti realizzate. Un bilancio piuttosto magro per chi era chiamato a sostituire prima Higuain e, dopo essere partito alla pari, il polacco Milik.

Dopo quasi 450 minuti e 12 giornate di campionato (oltre a quattro di Champions League), il Napoli può, forse definitivamente, bocciare l’attaccante bergamasco. Una bocciatura meritata non tanto per le reti realizzate, quanto per lo scarso impegno profuso fino ad ora in mezzo al campo.

In verità sono stati in molti a difenderlo e ad attaccare Maurizio Sarri, colpevole, con un pizzico di complicità della società, di averlo distrutto psicologicamente. “E’ stato gestito male“. “Doveva giocare con maggiore continuità dopo l’infortunio di Milik”. “Con la Roma, nonostante il 2-0 di svantaggio e la prestazione scialba, non andava sostituito”. Potrei continuare a lungo con le giustificazioni adottate da addetti ai lavori e tifosi ma dopo il pareggio con la Lazio di qualche giorno fa, Manolo Gabbiadini, almeno dal mio punto di vista, si è giocato qualsiasi tipo di aiuto possibile.

Mi spiegate voi come fa un attaccante (certo non una prima punta, ma pur sempre un attaccante) a entrare in campo con tanta superficialità? Sarri, che gli ha preferito ancora una volta Mertens falso nueve, lo ha inserito a 25 minuti dalla fine.

E Gabbiadini come ha ripagato l’ennesima chance, arrivata dopo la clamorosa espulsione di Crotone (2 turni di stop e Napoli allo Stadium di Torino senza un attaccante di ruolo) e le deludenti prestazioni offerte in questi primi tre mesi?

La risposta che arriva dal campo è impietosa ed è racchiusa nelle tre occasioni (certo non nitidissime) che ha avuto nel giro di 5-6 minuti dal suo ingresso. Lanciato due volte in profondità, si è fatto anticipare dal portiere. Ci può stare? Certo. Ma se corri senza determinazione e quando c’è da contrastare tiri sempre indietro la gamba, allora certo che non ci può stare.

Lanciato la terza volta da un compagno a rete, Gabbiadini si trova a 25 metri dalla porta inseguito da due difensori e con la palla sul sinistro, quello che lo ha sempre contraddistinto per potenza e gran precisione. Dalla curva ti aspetti almeno un gran tiro e invece ti tocca vedere un autentico passaggio a Marchetti. E poi ti tocca sentire dai soliti bonaccioni: “Non era facile, era pressato”.

Insomma, in un modo o nell’altro, Gabbiadini va difeso, aspettato, criticato sì, ma non troppo. “Già non gioca nel suo ruolo – ti ripetono -, poi è stato pure distrutto psicologicamente”. Insomma il classico pulcino, esordiente, giovanissimo o allievo della scuola calcio che ha paura di crescere, di assumersi le proprie responsabilità, di dimostrare che i quasi due milioni che guadagna all’anno sono, almeno in parte, ben spesi. Di dimostrare a quel gran cattivone di Sarri che lui accetta la panchina ma poi entra e fa gol (un po’ come Montella nella Roma scudettata di Capello).

E’ davvero così difficile pretendere tutto questo da un calciatore professionista?

E’ davvero così difficile far capire a Gabbiadini cosa significa avere personalità, determinazione e non per forza cazzimma?

E’ davvero così difficile fargli capire che gli anni della scuola calcio sono passati da un pezzo?

“Si, ma il Napoli lo ha gestito male. Sarri lo ha distrutto”.

E allora aspettiamo gennaio.

Anche se vorrei tanto vederlo come in questa foto qui sotto.

Elvia Puglisi

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