Da qualche giorno è aumentata la scorta di Giovanni Colangelo, il capo della Procura di Napoli. Il motivo risiede nel rischio di un possibile attentato da parte di alcuni clan ai danni del magistrato, che da tre anni presiede gli uffici di Via Grimaldi, nel capoluogo campano.
Tutto è partito da alcune dichiarazioni di un collaboratore di giustizia vicino alla Sacra Corona Unita, organizzazione criminale pugliese di stampo mafioso. Le sue parole hanno subito allertato Giovanni Colangelo e i suoi collaboratori. Sulla questione erano intervenuti, durante il vertice sulla sicurezza tenutosi in prefettura a Napoli giorni fa, il Ministro degli Interni, Angelino Alfano e il Ministro della Giustizia, Andrea Orlando.
È di poco fa la notizia che l’attentato contro Giovanni Colangelo sarebbe dovuto avvenire utilizzando una grossa quantità di tritolo, sequestrata in Puglia lo scorso 29 aprile. Sono questi gli ultimi risvolti delle indagini, svolte dalla DDA di Bari. A svelare la destinazione di quell’esplosivo è stato il collaboratore di giustizia di origini napoletane, attualmente in carcere. Il testimone ha spiegato che durante la sua detenzione avrebbe avuto contatti con alcuni componenti della camorra napoletana, che gli avrebbero parlato di un attentato contro il capo della Procura di Napoli.
Roberto Rossi, il Pm antimafia di Bari, ha condotto le indagini, grazie a cui si è arrivati al sequestro di 550 grammi di tritolo. L’esplosivo era nascosto davanti la casa di un boss, Amilcare Monti Condesnitt, arrestato con altre quattro persone, a Gioia del Colle, paesino pugliese dove vive Giovanni Colangelo. Secondo i racconti del collaboratore di giustizia, l’attentato contro il capo della Procura di Napoli, sarebbe dovuto avvenire proprio nel piccolo comune vicino Bari.
I clan che avrebbero voluto organizzare l’attentato contro Giovanni Colangelo, negli ultimi tempi, stavano studiando le abitudini del magistrato, analizzando tutti i suoi spostamenti tra la Puglia e la Campania. I motivi di tale atto risiederebbero nelle velleità di vendetta delle organizzazioni camorristiche napoletane contro la Procura di Napoli, che negli ultimi anni è riuscita a sgominare alcune attività illecite, gestite dai diversi clan.
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