Si è concluso con la condanna di tre persone il processo con rito abbreviato per la devastante esplosione avvenuta il 18 novembre 2024 in una fabbrica abusiva di fuochi d’artificio a Ercolano, che causò la morte di tre giovani lavoratori: le sorelle gemelle Aurora e Sara Esposito (26 anni) e il 18enne Samuel Tafciu. Il GUP del Tribunale di Napoli ha inflitto la pena di 17 anni di carcere a Pasquale Punzo e Vincenzo D’Angelo, titolari della fabbrica e datori di lavoro, ritenuti responsabili di omicidio volontario con dolo eventuale. Raffaele Boccia è stato invece condannato a 4 anni per detenzione di esplosivo.
La sentenza ha scatenato la dura reazione dei parenti delle vittime, che hanno giudicato le condanne troppo lievi e sono stati bloccati dalle forze dell’ordine. “Diciassette anni di carcere per tre morti non sono giustizia,” hanno denunciato i congiunti. Dopo la lettura, si sono verificati momenti di tensione, con il padre del 18enne che ha denunciato di essere stato “offeso dai parenti degli imputati”. Sul fronte politico, Sandro Ruotolo (PD) ha espresso comprensione per il dolore dei familiari, definendo la tragedia una “ferita aperta” causata da “lavoro nero” e chiedendo che lo Stato garantisca sempre giustizia e sicurezza.
Nonostante le critiche sulla durata della pena, la CGIL Campania, costituita parte civile, ha accolto la decisione come una “sentenza storica”. Il segretario generale Nicola Ricci ha sottolineato che il verdetto riconosce l’infortunio mortale sul lavoro come omicidio volontario in contesti privi di sicurezza e legalità. Ricci ha evidenziato come questa decisione possa rappresentare un importante precedente giuridico e un presupposto per ottenere la certezza della pena nei procedimenti a carico di chi commette tali reati.
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