Tra vicissitudini giudiziarie e difficoltà socio economiche, a Pizzofalcone ci sono venti persone rimaste senza casa. E altre venti famiglie potrebbero andare incontro allo stesso destino. Il caso è quello del civico 35, una vicenda esplosa dopo la denuncia di una donna. Quest’ultima, rientrata da una visita fatta a una parente, ha trovato il proprio alloggio popolare occupato. Così è nata la questione delle case occupate abusivamente dalla camorra, considerate le presunte infiltrazioni criminali segnalate dagli inquirenti.
Tuttavia, tra queste persone, vi sono anche due donne gravemente malate e diversi bambini, compreso qualche neonato. Per vivere devono accontentarsi di tre stanze: una funge da camera da letto, con due postazioni ‘matrimoniali’ improvvisate su delle basi di legno. Poi c’è la ‘cucina’, così identificata per la presenza di un fornellino. L’ultimo spazio è quello di una stanza ‘da pranzo’ dove gli sfollati mangiano e stanno insieme. Come bagno c’è invece un piccolo tugurio con un solo servizio igienico. Non vi sono docce.
Carmela, Nunzia, Monica, sono tre delle donne di Pizzofalcone. Ci hanno mostrato i propri casellari giudiziari e le tante pec inviate al Comune di Napoli, volte a regolarizzare la loro posizione: la loro colpa è quella di aver occupato per 20 anni gli appartamenti dai quali sono state sgomberate. Per loro le accuse di contiguità con i clan di camorra sono solo fango mediatico.
Camminando tra loro ciò che è spiccato agli occhi è stato un albero di Natale artigianale. L’hanno realizzato i bambini che stanno vivendo nella chiesa di via Egiziaca a Pizzofalcone. Il busto è di cartone, sui rami che compongono la chioma ci sono dei biglietti di carta: sono le letterine che questi bimbi hanno scritto per Babbo Natale: “Rivoglio la mia casa, rivoglio la mia cameretta“.
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