È stato dato il via dal Consiglio dei Ministri alla proposta congiunta del ministro della Giustizia Cartabia e di quello dell’Economia Franco relativa ai rapporti affettivi in carcere per i detenuti. La legge che sbarcherà in commissione Giustizia al Senato prevede fondi per circa 28 milioni si euro. Ecco l’opinione in merito di Gennarino De Fazio, Segretario Generale della UILPA Polizia Penitenziaria.
“La possibile costruzione di ‘casette dell’amore’ in carcere per consentire ai detenuti di trascorrere con i rispettivi congiunti fino a ventiquattr’ore d’intimità, una volta al mese, sta catalizzando il dibattito fra gli addetti ai lavori e alcuni esponenti politici. Tra favorevoli e contrari, come al solito, sembra ci si soffermi particolarmente sugli aspetti più ‘piccanti’ della questione. A noi, al di là delle scelte etiche e politiche connesse alle finalità della pena e alle modalità della sua esecuzione, che competono al Parlamento, nell’alveo dell’articolo 27 della Costituzione, quel che ci preoccupa di più non è tanto l’affettività, quanto l’ampliamento dei permessi e delle telefonate.
Sull’affettività in carcere si possono avere sensibilità diverse e pensarla in modo differente; tuttavia, considerato che si garantirebbe in plessi dedicati senza il controllo della Polizia penitenziaria, l’impatto sul carico di lavoro sarebbe marginale. Le proposte di modifica legislativa, tuttavia, mirano anche all’ampliamento della possibilità di fruire dei permessi di necessità, che quasi sempre si effettuano con accompagnamento e scorta della Polizia penitenziaria, nonché all’aumento del numero delle telefonate, da una alla settimana a una al giorno, e della loro durata, da 10 a 20 minuti. Tutto ciò, e sempre astenendoci dal formulare valutazioni di natura morale, sarebbe devastante per il sistema carcerario, già allo sbando e in stato comatoso“.
“Non deve sfuggire, infatti, che i contatti telefonici fra detenuti e congiunti sono stabiliti dalla Polizia penitenziaria dopo una complessa istruttoria, che talvolta le conversazioni devono essere registrate per disposizione dell’autorità giudiziaria, che gli operatori del Corpo devono vigilare sulla loro durata e devono correttamente imputarne i costi. Tutto ciò è impensabile nella situazione attuale, con gli organici della Polizia penitenziaria mancanti di 18mila unità. Sempreché, ovviamente, non si pensi di autorizzare i detenuti a detenere liberamente telefoni cellulari di proprietà.
Per noi, non si può continuare a intervenire sull’esecuzione penale e sul sistema carcerario in maniera parcellizzata e con provvedimenti limitati che, la storia lo insegna, creano molti più problemi di quanti non ne risolvano, ma occorre una riforma complessiva che ne reingegnerizzi l’architettura, rifondi il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria e riorganizzi il Corpo di polizia penitenziaria. Invitiamo nuovamente, pertanto, la politica e, soprattutto, la Ministra della Giustizia, Marta Cartabia, ad aprire finalmente un confronto compiuto e serrato“.
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