Giuseppe Irollo, pizzaiolo del locale “N’ata Cosa”, racconta la sua esperienza in Ucraina. Dopo aver lavorato e vissuto per 14 anni a Kiev è tornato in Italia con la moglie e il figlio. Ha deliziato i clienti di Napule, pizzeria che si trova ancora in Mechnykova St, 9, a poche centinaia di metri da piazza Maidan. A febbraio però l’inizio di una nuova avventura, l’apertura di un locale di un amico, a Mykolaiv.
Il racconto di Giuseppe però da un evento felice, come l’inaugurazione di una nuova pizzeria, diventa tragico: “Il 23 febbraio, aihmè, scoppia la guerra. Abbiamo impiegato tre giorni per decidere. Dicevano di non partire perché non avremmo trovato benzina oppure che sarebbe stato difficile raggiungere la Moldavia perché uno dei tre ponti era saltato. Infine abbiamo deciso, con tanta paura, di partire perché sentivamo i bombardamenti. Abbiamo riempito la macchina di benzina, siamo partiti e con spavento abbiamo passato i check point con tensione perché pensavamo che fossero russi vestiti da ucraini. A quel punto abbiamo fatto una coda di 6 ore e siamo giunti in Moldavia e poi la frontiera”.
In merito alla situazione che c’era in Ucraina prima dello scoppio della guerra, Giuseppe è assolutamente certo: “Nessuno pensava che potesse scoppiare la guerra, anche se la situazione era tesa”. Di fronte all’evento dunque i cittadini non erano preparati a nulla. “Si sono subito armati i civili perché il presidente Zelensky ha organizzato punti di raccolta per le armi”.
Del suo rapporto con la popolazione ucraina, Irollo risponde: “Sono in contatto con i miei pizzaioli, con cui lavoravo a Kiev. Loro sono in guerra, ma riusciamo ancora a sentirci. C’è uno chef italiano che non vuole lasciare Kiev. L’ ha costruito casa, famiglia e lavoro, si sente ucraino e si è armato per difendere la patria”. La pizza napoletana che ancora una volta unisce tutti. L’incontro a Kiev con il presidente Volodymyr Zelensky: “Lui veniva sempre nel mio locale con il suo staff. Ordinava sempre la pizza ai quattro formaggi perché amava molto i formaggi e io gliene facevo una davvero speciale“. Infine Giuseppe conclude in suo racconto con una speranza ovvero quella di ritornare un giorno in Ucraina, in un paese di pace, per portare avanti i suoi progetti lavorativi e rivedere tutti i suoi amici.
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