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Al museo di Capodimonte una mostra dedicata a Luca Giordano: “L’artista che insegnò a sbalordire il mondo”

Perché Luca Giordano?  L’artista (Napoli, 1634-1705) è stato in prima linea nella definizione di un barocco napoletano che per primo ha liquidato “gli eroici furori della pittura caravaggesca con una scrittura spregiudicata e colorata”, citando il curatore Stefano Causa, ampliando la scelta dei soggetti raffigurati e cercando di valicare i limiti della cornice. “Giordano reinventa il barocco romano in una versione aggressiva e come scatenata: Rubens, Cortona e Bernini stanno sempre alle spalle. Ma si capisce che per saltar meglio ha preso la rincorsa lunga scegliendosi, tra i maestri, Tiziano e Veronese”, afferma ancora. E continua, “Chiunque si cimenti in una mostra su Giordano a Napoli sa che la vera mostra di Giordano è Napoli con i dipinti e gli affreschi suoi: dalle chiese del centro alla collina del Vomero dove, nella Certosa di San Martino, si dispiega il finale di partita tutto settecentesco del pittore. Consapevoli di questo abbiamo cercato di costruire una possibile ouverture; una sorta di invito al viaggio. E potremo dire di essere riusciti nell’intento solo se, una volta fuori della mostra, il visitatore curioso indossasse scarpe comode e, a giro per Napoli, andasse in cerca del suo barocco. Come una promessa di felicità”.

Mani tra i capelli scompigliati o levate al cielo tempestoso, drappi voluminosi e mantelli agitati da raffiche di vento, muscoli che si contraggono per seguire i risvolti di un movimento bloccato, fissato nella pittura. Nelle opere di Luca Giordano si incontrano potenza ed eleganza e anche a distanza di schermo non possono che colpire l’attenzione. Non è un pittore facile da inquadrare. Sembra un personaggio delle “Metamorfosi” d’Ovidio. Forse un trasformista all’italiana. E’ un artista che riesce a far convivere per un lungo periodo diverse maniere, prima d’essere lo straordinario anticipatore della stagione rococò e di trovare il modo d’essere essenzialmente se stesso e un punto di riferimento per la pittura europea.

La sua personalità pittorica si compone di diverse maniere: da quella di Ribera, caratterizzata da un naturalismo che parla con i toni di terre povere, verdi vescica, marroni sacco, dalla pittura veneta di Tiziano e Veronese, che potremmo sintetizzare nella dominanza di una tavolozza oro-flava, da quella dei neoveneti come Poussin e Pietro da Cortona, azzurri smaltati e rossi o da quella dei monumentali concerti di colori e di corpi di Rubens, policromie ascendenti.

Mentre Caravaggio, ha il diavolo in corpo del vero e procede dalla pittura alla natura, Giordano fa il percorso inverso. La Pittura gli interessa mille volte di più. D’altronde, Caravaggio era ciò che si dice un “cattivo ragazzo”, mentre Giordano è un integerrimo padre di famiglia. Per viaggiare viaggiò: ma spinto dall’odore dei soldi. Gli spostamenti di Caravaggio disegnano l’itinerario di un fuggiasco, quelli di Giordano sono un modello di strategia autopromozionale.

Luca Giordano giunge ad un’implosione dello spazio, a un risucchio del mondo esterno nello spazio chiuso, anziché all’esplosione. 

Lui non era un uomo di cultura. Era però un uomo di grande cultura pittorica. A Napoli e in tutta l’area italiana è la personalità che meglio interpreta in pittura il barocco come gran teatro nel quale si fondono il naturale e l’artificiale. E’ lui che riesce a tradurre tutti gli aspetti della retorica del barocco in atti figurativi straordinari. Anche questo variare degli stili è capacità, di volta in volta, di mutare atteggiamento di fronte alle infinite sfumature di un secolo molto complesso. Non è pertanto facile, all’interno di questo variare delle “maniere” pittoriche, un denominatore comune che unisca tutte le opere dell’artista.

In Luca Giordano le epidermidi, le luci, le emozioni, i gesti, restano concreti. Il naturale è sempre presente anche nella trasfigurazione fantastica.

Fu così che il grande artista non solo imparò a padroneggiare il mestiere pittorico, bensì come maestro insegnò a come sbalordire il mondo.

Cristina Siciliano

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