Dal tentativo di strangolamento fino a vere e proprie spedizioni punitive, parolacce e insulti: il 66% dei medici, ovvero quasi 7 su 10, dichiara di aver subito un’aggressione da parte dei pazienti. Di questi, oltre due su tre sono stati aggrediti verbalmente, mentre la restante parte fisicamente. I dati arrivano dall’ultimo sondaggio condotto dal sindacato dei medici dirigenti Anaao Assomed.
Le aree più a rischio sono la psichiatria e il pronto soccorso, ed i pericoli maggiori si corrono nel Mezzogiorno: arriva infatti al 72% nel Sud e nelle Isole il numero di medici che denuncia aggressioni, e sale all’80% tra chi, di loro, lavora nei pronto soccorso. Per combattere questo fenomeno il Parlamento ha previsto un inasprimento delle pene per chi si macchia del reato di aggressione ai medici e sanitari durante l’esercizio della professione sanitaria e procedibilità d’ufficio contro l’aggressore anche senza la querela della persona offesa. Il provvedimento pero’ non e’ ancora legge: e’ stato approvato dal Senato all’unanimità’ con 237 voti favorevoli a fine settembre e ora deve esaminarlo la Camera.
Anche la Croce Rossa attesta la sempre maggiore drammaticità della situazione: secondo una sua indagine sono più di otto ogni giorno gli operatori sanitari dell’emergenza aggrediti; si tratta di aggressioni a medici e infermieri in ospedale, nei Pronto Soccorso e nei presidi medici assistenziali sparsi per il Paese. Nel 2018 – secondo i dati diffusi dalla Cri – sono stati registrati oltre 3.000 casi, a fronte di solo 1.200 denunce all’Inail. Le zone periferiche delle grandi città sono tra i luoghi dove si verificano maggiormente questi episodi. Tra le città, la ‘maglia nera’ spetta proprio a Napoli. I “ritardi delle ambulanze” e “l’inefficienza dei servizi di triage” sono le motivazioni principali addotte dagli aggressori. Sul fenomeno delle aggressioni agli operatori delle ambulanze e dei danneggiamenti ai mezzi stessi non esistono statistiche esatte.
“Siamo in condizioni che non si verificano nelle situazioni di guerra in quanto le ambulanze sono protette dalle convenzioni internazionali. Occorre un lavoro culturale soprattutto nei quartieri più’ difficili della città’, l’esercito non serve, credo invece che servano le telecamere all’interno delle ambulanze”. Lo sottolinea a Radio Capital Paolo Monorchio, presidente della Croce Rossa a Napoli, dopo la doppia aggressione, a Capodanno, contro un’ambulanza nel quartiere periferico di Barra e contro una dottoressa all’Ospedale San Giovanni Bosco. “Il personale femminile, continua il Presidente del Comitato di Napoli della Croce Rossa, e’ più colpito, anche da un punto di vista psicologico, perché spesso ci sono commenti sgradevoli che posso solo far intuire e colpire una donna e’ da vigliacchi”. “Con più agenti, conclude Monorchio, mi sentirei più sicuro. Questo e’ un campo che coinvolge le forze dell’ordine, le prefetture e il ministero dell’Interno, a noi farebbe solo piacere”.
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