Sarebbe stato prima offeso e discriminato in occasione di un incontro tra genitori e docenti. Poi è stato lasciato fuori scuola. Protagonista un ragazzino di 13 anni “colpevole” di avere un’acconciatura molto stravagante caratterizzata dalle treccine di colore blu. Per questo motivo la preside di una scuola di Scampia, avendo dalla sua parte il regolamento dell’istituto, ha vietato l’ingresso in classe al 13enne.
Ovviamente la famiglia del giovane ha denunciato il fatto. Ed è qui che è scoppiata l’inevitabile polemica. La dirigente scolastica, dopo le proteste dei familiari del ragazzo, ha chiesto scusa per le modalità con le quali si è sviluppata la vicenda ma non ha fatto un passo indietro ed ha confermato la sua decisione. I genitori dello studente hanno chiesto di parlare con lei con l’obiettivo di risolvere il problema senza che fossero tagliate le treccine al figlio.
Ad oggi sembrerebbe che il 13enne sia disponibile al taglio di capelli anche se la preside e i suoi genitori hanno avuto un lungo colloquio in Commissariato. Questi sono i fatti avvenuti in questi giorni e che hanno generato accese discussioni. Senza alcun dubbio la decisione della preside è stata fuori luogo. Negare ad un minorenne il diritto allo studio, rischiare che un ragazzino di 13 anni si senta discriminato e lasciarlo fuori scuola, sono pratiche molto forti che potrebbero destabilizzare l’emotività del giovane.
Magari lo studente si sentirà anche figo per aver sfidato la dirigente scolastica, forte del proprio regolamento, ma il pugno duro della donna rischierebbe di diventare controproducente la sua “battaglia”: quella di un corretto dress code a scuola. Una sfida che condivido al cento per cento. Il senso del gusto e il valore dell’estetica sono principi che dovremmo coltivare e promuovere. Ogni luogo, ogni contesto pretende il giusto abbigliamento.
È un modo per non svilire la scuola e i luoghi di lavoro. Non ci si può presentare in classe o in ufficio vestiti come si vuole. Questa non è una pretesa di libertà ma un abuso di essa. Certo, un ragazzo di 13 anni ha il diritto e il dovere di desiderare l’acconciatura che vuole. Nessuna mise e nessun taglio di capelli devono diventare un pretesto per discriminare e isolare un minorenne.
Però è anche vero che dando uno sguardo attento alle mode dei giovani ci si può rendere conto di quanto la bellezza sia stata presa e messa da parte. Pantaloni a vita bassissima, troppo larghi o troppo stretti, che scendono quasi fino alle ginocchia (come se dentro, all’altezza del cavallo, conservassero con gelosia un pallone da calcio) o al massimo alle caviglie. Scarpe da ginnastica che sembrano carri armati con zeppe enormi, maglie larghe e bucate come spesso si vede con i jeans.
Uomini o donne non fa differenza, sembra che non importi quale sia il tipo di statura. Se si è alti, bassi, magri o robusti. A prescindere, si indossano vestiti inadatti che mostrano in modo volgare e inadeguato le forme dei propri corpi. Se a farlo sono gli adulti allora il fatto è preoccupante e difficilmente risolvibile. Ma se a farlo sono i giovanissimi allora deve intervenire la famiglia.
La domanda è semplice come l’osservazione: “Che ti sei messo? Non vedi che ti sta male?“. E a quel punto deve arrivare il “gesto estremo”. Visto che nella maggior parte dei casi sono mamma e papà a spendere i soldi in abbigliamento per i figli, sarebbe anche arrivato il momento di chiudere il portafogli. Non è facile, provocherà scontri e litigi. Ma è importante che venga fatto. Per il bene e l’educazione dei ragazzi. Loro lo capiranno quando cresceranno.
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