Credo che la memoria del carabiniere Mario Cerciello Rega meriti ben altro rispetto alle dichiarazioni e le speculazioni mediatiche che abbiamo letto e visto fino ad oggi. Il drammatico episodio avvenuto lo scorso venerdì a Roma può avere solo due motivazioni: o i militari hanno sbagliato nell’agire compromettendo la vita di Rega o le spiegazioni fin qui date sono servite a coprire la verità.
Sono stati troppi gli aspetti ancora oscuri relativi alla dinamica di quest’omicidio. Il ruolo del “pusher-confidente”, la sua “misteriosa” telefonata in caserma, l’incontro tra lui e il collega di Rega un’ora prima del delitto. Da cittadini non possiamo accontentarci di queste dichiarazioni: “Rega aveva dimenticato la pistola. Era regolarmente in servizio. Non ci aspettavamo che uno dei due giovani turisti americani fosse armato“.
Può la morte di un carabiniere, descritto come un uomo per bene, in gamba ligio al dovere e alla famiglia, essere stata accompagnata da tali affermazioni? Sembra una di quelle note barzellette che hanno avuto come protagonista l’Arma dei Carabinieri. Solo che questa volta ci è scappato il morto. Per la sua memoria, per il bene di una moglie che ha perso il marito e di una madre che non vedrà mai più suo figlio, è necessario che sia fatta giustizia.
Giustizia non vendetta. Per questo ha destato altri dubbi la foto diffusa sui social del reo-confesso dell’assassinio, legato e imbavagliato ad una sedia. Al di la della giusta polemica in merito al rispetto delle leggi che regolano il nostro Stato di Diritto, è stato molto strano che degli uomini in divisa abbiano fatto in modo che questa immagine fosse pubblicata. Dare un becero segnale all’opinione pubblica “assetata di sangue”? Un banale errore? Voglia di infangare qualche collega? Semplice arma di “distrazione di massa”?
Insomma, anche in questo caso gli interrogativi sono stati molteplici. E i tweet dei politici di turno, irresponsabili e che si definiscono “del popolo”, hanno solo esasperato un clima già di per se molto teso. Ma ormai siamo stati abituati alla campagna elettorale permanente per la caccia al consenso. Cosa non si farebbe per un pugno di voti in più. Il problema è che non può esserci giustizia senza verità. Ed è questo quello di cui la famiglia Rega ha bisogno. E come loro di giustizia e verità ne avremmo tanto bisogno tutti noi italiani.
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