Napoli diventa un cartone giapponese: “Le bizzarre avventure di Jo-jo”. Ma sono troppi gli stereotipi

I Manga e Anime della tradizione giapponese approdano sulle coste del Bel Paese, precisamente a Napoli. “Le bizzarre avventure di Jo-jo“, la rinomta serie amata e seguita in tutto il mondo, è un fumetto nipponico creato da Hirohiko Araki nel 1987, uno degli artisti di Anime più noti a livello mondiale, che ha venduto più di 100 milioni di copie nel mondo. La super-seguita saga è andata in onda a livello globale dal 5 ottobre del 2018 sul Tokio Metropolitan Television e per l’Italia su Crunchyroll con sottotitoli, oltre ad essere stato trasmesso nelle più famose kermesse di Anime e Manga sia a Parigi sia a Los Angeles. L’Italia e Napoli incontrano la saga giapponese grazie al suo creatore, appassionato della tradizione italiana, che ha voluto “rendere omaggio” alla città partenopea nella prima puntata della quinta parte del fumetto, chiamata “Vento Aureo“.

La città viene immediatamente rappresentata con una delle frasi che più la caratterizzano: “Vedi Napoli e poi muori“, un bell’ inizio, ma in realtà, a parte lo sfondo paradisiaco del panorama napoletano classico (il mare e il Vesuvio), la città non ne esce proprio pulita nel cartoon giapponese. Infatti, dopo le prime immagini molto ben illustrate del lungomare di Mergellina, il Castel dell’Ovo e via dicendo, partono come trama principale della puntata una serie infinita di personaggi stereotipati e di luoghi comuni che hanno reso famosa Napoli davvero in tutto il mondo. Il protagonista del cartoon, Giorno Giovanna (nome volutamente ambiguo per un personaggio maschile) si trova dal suo primo arrivo in città a dover assistere a scippi di borse, rapine, spaccio di droga, mazzette alle forze di polizia e l’immancabile camorra, vestita di un gomorrismo irritante e permeata di fantasy.

Girando per le strade del meraviglioso centro storico, Gio-Giò (il nome viene italianizzato) assiste per prima cosa alla vendita di oggetti da parte di un immigrato, che sul ciglio della strada ha steso un telo per esporre la mercanzia; immediatamente dopo, uno scippatore strappa dal braccio la borsa ad una turista indifesa. Successivamente, mentre il protagonista si accinge a dare indicazioni a due turiste su dove si trovi la Chiesa di Santa Chiara (cosa ne saprà mai Giovanna di Napoli?), un rapinatore tenta di rubare il portafogli di una delle due facendo finta di spingerla, ma con la magica prontezza del giapponese, la refurtiva viene subito restituita alla legittima proprietaria. L’eroico gesto di Gio-giò viene ricompensato con una lauta mazzetta in denaro (in lire, forse un presagio del futuro italiano) e l’episodio si conclude con la morale scomoda del “non abbassare mai la guardia in una città così“.

Nonostante le apparenze da buon samaritano, Gio-giò non è quello che sembra, ma anzi il suo intento sarebbe quello di voler entrare a far parte nientepopodimeno di una gang mafiosa con il nobile intento di liberare la città dalla vendita abusiva di droga. Il protagonista incontra infatti una figura di spicco dell’organizzazione criminale, Bruno Bucciarati. Insieme al mafioso, Gio-giò prosegue le sue (dis)avventure nella capitale partenopea: questa volta lo scenario è quello dell’aeroporto di Capodichino, dove tassisti abusivi contrattano con i poliziotti per poter continuare a lavorare anche senza licenza (lo stesso Gio-giò più tardi corromperà un carabiniere con un semplicissimo trucchetto di magia e un pacchetto di Marlboro).

Alla fine dell’episodio Napoli ne esce tutt’altro che avvantaggiata. La città bella da morire appare comunque macchiata dalla più infame delle minacce: i suoi stessi cittadini. Il che rimanda all’altra tipica frase ben conosciuta dai napoletani “Il presepe è bello, sono i pastori che non sono buoni“. Il tutto lascia lo spettatore napoletano veramente amareggiato: non si sa se essere fieri di una città ripresa addirittura da un’Anime a livello globale (pregustando la mediocre pubblicità) oppure rammaricarsi per l’immagine che ancora continua a circolare per il mondo.

Claudia Coppola

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