Quattro anni fa pianificarono l’omicidio di un uomo che intralciava gli affari del clan e chiesero uomini e mezzi a due potenti clan, i Di Martino di Castellammare di Stabia e i Mallardo di Giugliano. I Carabinieri della Compagnia di Battipaglia hanno eseguito l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Gip. del Tribunale di Salerno, su richiesta di questa Procura Distrettuale Antimafia, nei confronti di cinque indagati: Franceco Mogavero (classe ’79), Enrico Bisogni (classe ’68), Luigi Di Martino, detto “il profeta” (classe ’61), Francesco Mallardo (classe ’51) e Stefano Cecere (classe ’72).
I primi quatto già erano detenuti; il quinto, unico libero, era di fatto irreperibile fino al suo rintraccio e arresto, che ha richiesto un particolare e costante impegno della polizia giudiziaria delegata all’esecuzione. Cecere è stato scovato a Giugliano. A piede libero, al momento, i due presunti esecutori materiali.
I cinque sono indagati per l’omicidio di Aldo Autuori, aggravato dal metodo e dalle finalità mafiose, eseguito a Pontecagnano Faiano (Salerno) la sera del 25 agosto 2015. Le indagini, coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Salerno, hanno permesso di individuare in Mogavero e Bisogni i mandanti dell’omicidio e nei restanti tre gli organizzatori dell’agguato mortale. Più precisamente, questi i ruoli: i primi due, ai vertici del clan Pecoraro-Renna, operante nella Piana del Sele, avevano decretato la morte di Aldo Autuori perché quest’ultimo, una volta uscito dal carcere, nell’anno 2015, allestiva una serie di attività ritenute di intralcio al predominio del clan sul territorio.
Così i due capi, in considerazione dei vecchi rapporti che legavano il clan Pecoraro-Renna al clan Cesarano, operante a Castellammare di Stabia, si rivolgevano a Luigi Di Martino, detto “O Profeta” , elemento apicale della cosca stabiese, per chiedere la collaborazione per l’esecuzione materiale dell’omicidio.
Il ruolo di ‘o profeta è stato così da intermediario tra i mandanti e gli esecutori materiali. Di Martino infatti si rivolse a Francesco Mallardo, capo storico della cosca operate a Giugliano in Campania (Napoli) e fondatrice insieme ai clan Licciardi e Contini dell’Alleanza di Secondigliano. “Ciccio è Calantonio” dava incarico per l’esecuzione materiale ad Antonio Tesone, alias “uomo della masseria”, e Gennaro Trambarulo, nei confronti dei quali però il Gip, non ritenendo il quadro gravemente indiziario, ha rigettato la richiesta di misura cautelare.
Mallardo, all’epoca dei fatti sottoposto al regime della libertà vigilata nel comune di Sulmona, dopo essere stato più volte contattato e raggiunto in Abruzzo da Di Martino, forniva a quest’ultimo la disponibilità dei suoi uomini per l’esecuzione dell’omicidio. Coinvolto anche Stefano Cecere, stretto collaboratore del boss di Giugliano, che faceva da tramite con ‘o profeta.
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