“Muhammad Ali” al Teatro Nuovo, così Di Leva e Carbone reinventano la storia di Cassius Clay

Se Francesco Di Leva fosse stato di colore l’impersonificazione con il mitico Muhammad Ali (nome islamico di Cassius Clay) sarebbe stata perfetta. L’attore napoletano dopo la “missione” portata avanti nel suo quartiere a San Giovanni con il teatro NEST si è lanciato in una nuova sfida.

E sul palco Di Leva ha dimostrato ancora una volta di averla vinta. Così dopo Antonio Barracano, Otello e “Gli onesti della banda” l’attore ha indossato i panni, o meglio i guantoni, del pugile che ha fatto la storia più di tutti gli altri. La sua interpretazione è stata un vero e proprio “incontro” di pugilato, il palcoscenico è apparso come un ring, dove Ali – Di Leva ha combattuto per un’ora e senza sosta per raccontare la sua vita.

L’atteggiamento spocchioso, la forte personalità, le fragilità e gli aspetti più intimi e controversi di un personaggio come Ali sono andati in scena al Teatro Nuovo, luogo “artigianale” dove l’arte più antica cerca ancora le sue forme più sperimentali. E la commedia da questo punto di vista non ha affatto deluso.

Il corpo, il linguaggio e il ritmo sono stati i tre elementi che Di Leva, insieme al prezioso supporto – non solo alla regia – di Pino Carbone, ha messo in gioco per dare vita ad un’inedita versione di Muhammad Ali. “Vola come una farfalla, pungi come un’ape“, ““Impossibile” è solo una parola pronunciata da piccoli uomini che trovano più facile vivere nel mondo che gli è stato dato, piuttosto che cercare di cambiarlo. Impossibile non è un dato di fatto, è un’opinione…Impossibile” non è una regola, è una sfida…Impossibile” non è uguale per tutti…Impossibile” non è per sempre…Impossible è nulla“.

Sono queste tra le più famose parole di Ali e reinterpretate da Di Leva. Ed entrambi hanno dimostrato che è vero. Muhammad ha combattuto contro il razzismo, l’odio e il governo americano fino a realizzare il suo sogno: diventare campione dei pesi massimi. L’attore, invece, ha reso possibile quello che le istituzioni fanno fatica a realizzare: creare un piccolo gioiello, coinvolgendo i ragazzi del posto, in un quartiere periferico di Napoli.

Tuttavia la commedia è davvero molto interessante perché non si limita soltanto ad esaltare le qualità di Ali. Anzi, è evidente la messa in mostra che degli aspetti più integralisti del pugile, soprattutto nel suo rapporto con le donne successivamente alla sua conversione all’Islam e nella spiegazione del concetto di integrazione tra neri e bianchi. Il tutto condito da un gioco di luci e suoni magistralmente curato rispettivamente da Cesare Accetta e Carbone (che per l’occasione, oltre ad essere il regista, ha fatto anche l’attore e il “dj”). Essenziali ed efficaci anche le scene di Mimmo Paladino.

Insomma se amate il personaggio che Muhammad Ali è stato, se siete incuriositi dal conoscerne gli aspetti più intimi e amate il teatro (ma anche se non siete abitudinari del palcoscenico ma volete trascorrere una bella serata), correte al Teatro Nuovo, ne vale la pena. Anche perché è la quarta commedia interpretata da Di Leva che mi è capitato di guardare e devo ammetterlo: è bravissimo.