Intervista a Vittorio Sgarbi: “Bene eventi in luoghi artistici, negativo affidarli a direttori stranieri”

La sala piena, le musiche composte ed eseguite con il violino da Valentino Corvino, le immagini elaborate da Tommaso Arosio e proiettate su tre schermi per mostrare meglio i dettagli delle opere descritte. Questo è “Caravaggio” lo spettacolo teatrale curato e portato in giro per l’Italia da Vittorio Sgarbi che ieri sera ha fatto tappa al teatro Augusteo di Napoli.

Tutto ha avuto inizio dal racconto straziante della morte di Pier Paolo Pasolini, poeta, regista, scrittore e intellettuale italiano ucciso il 2 novembre del 1975. Un parallelismo, quello tra la vita di Pasolini e quella di Michelangelo Merisi che ha sorpreso la platea, stupita di scoprire quanti siano stati i tratti comuni tra l’importante scrittore e il grande artista.

Poi è iniziato il racconto della vita del Caravaggio attraverso la descrizione dei suoi quadri. La tecnica di pittura, l’uso delle luci, la rivelazione dei dettagli. Il Caravaggio rivoluzionario, l’artista tormentato, il pittore maledetto che ha sfidato la chiesa. Il Caravaggio inventore della fotografia e che ha anticipato il “selfie“. La valenza che il Merisi ha dato alla realtà, la sua psicologia e il suo rapporto con i luoghi in cui ha vissuto. Due ore e mezza, una vera e propria lectio magistralis che Sgarbi ha tenuto sul sommo pittore del quale ha affermato la contemporaneità e importanza per la storia dell’arte.

L’abbiamo intervistato alla fine dello spettacolo, dopo che ha firmato le copie del suo libro e concesso foto ai tanti spettatori che hanno affollato il teatro. Non poteva mancare la parentesi politica:

Lei ha fatto un parallelismo tra Pasolini e Caravaggio. Se dovessimo dare una definizione dell’arte prima e dopo Caravaggio, quale sarebbe?

La tradizione artistica che va dal Medioevo a Michelangelo ed arriva fino ai manieristi, è del tutto legata ai valori della chiesa e della religione. C’era una visione ideale di rappresentare la grandezza di Dio in una dimensione umana attraverso lo spirito. Caravaggio, invece, per quanto mi riguarda era ateo. Lui rappresentava la realtà delle cose non la loro visione ideale. I disagi dell’umanità, la vita delle persone e la loro sofferenza. Nell’arte di Caravaggio Dio e i suoi miracoli non ci sono. Come l’ha definito la critica di inizio 900, Caravaggio è il simbolo di quel passaggio che va dall’idea alla quotidianità, che scende dal cielo ed arriva in terra. Il Merisi è sostanza e quello che stupisce dell’artista, è vedere quanto la rappresentazione delle sue opere appare per com’è veramente e come essa coincida davvero con le dinamiche che caratterizzano la nostra vita.

Qual è stato il ruolo di Napoli. Quanto la città ha inciso sul percorso artistico ed esistenziale del pittore?

Caravaggio vive a Napoli in due momenti brevi e distinti. In questi periodi ha realizzato e lasciato opere di grande importanza. Caravaggio veniva da una profonda crisi che lo aveva colpito a Roma. Per questo quando gli viene commissionato il dipinto ‘Le sette opere di misericordia’, lui vi concentra il massimo della carità cristiana del tutto in chiave immanente ed umana. Il quadro ha sempre l’uomo per protagonista, con questa Madonna rappresentata in disparte quasi che si nasconde da quelli che sono i veri attori del dipinto, cioè uomini e donne comuni. Nonostante ciò, l’opera rappresenta la massima espressione di quelli che sono i valori di solidarietà, umanità e amore tra gli uomini. Un manifesto importante e per questo motivo credo che Napoli abbia rappresentato per il Merisi un approdo sicuro dove poter riflettere e trovare una serenità interiore che fino a quel momento era smarrita.

Lei ha curato due mostre di successo a Napoli. Che risposta ha avuto dai napoletani e che idea si è fatto della città?

In realtà è dal 1971 che vengo a Napoli, anno in cui feci un viaggio per ammirarne le opere. A quel tempo c’era la supervisione di Raffaello Causa prima e  Nicola Spinosa poi. Oggi c’è un amico francese a Capodimonte, il bravo Sylvain Bellenger. Devo dire che Napoli è cambiata tanto. Si tratta di una città corrispondente alla mia natura, infatti, ho avuto anche molte fidanzate napoletane. Sono rimasto però deluso dal punto di vista politico. Non mi sono sentito sconfitto ma ho percepito dall’esito elettorale un risultato inquietante ed un segnale di profonda ribellione e protesta. Non voglio soffermarmi su analisi sociali, politiche ed economiche. Mi sarei aspettato, però, un riconoscimento personale diverso ma è evidente che dobbiamo tener conto dei numeri che sono uscite dalle urne lo scorso 4 marzo. Resta, comunque, una vicenda che mi ha un pò immalinconito rispetto al fatto che ritengo Napoli una città, si contraddittoria, ma anche vibrante, piena di slancio, vitale e intelligente. 

Da un punto di vista politico cosa farebbe per promuovere il patrimonio artistico e culturale della città?

Non lo so, non dovete chiederlo a me. Andate da Di Maio è lui che ha vinto e che deve assumersi questa responsabilità. Io non avrò modo di fare nulla, non sarò neanche ministro. Quindi io posso continuare a manifestare le mie idee ma per il resto posso sol augurarmi che lui e il suo partito, che hanno stravinto a Napoli, abbiano come priorità la cultura e l’arte come risorse per rilanciare la città.

Cosa pensa della riforma Franceschini che ha permesso a direttori stranieri di dirigere musei e siti artistici del nostro paese?

Non sono affatto d’accordo. Si tratta di una riforma che non condivido. In nessun corpo dell’amministrazione pubblica sono previsti ruoli per dirigenti stranieri. Per caso hai mai visto un magistrato, un poliziotto, un prefetto o un carabiniere che venga a svolgere il suo lavoro in Italia dall’estero?  Quindi perché soltanto nel ruolo dei direttori dei musei deve verificarsi quest’evenienza?

Matrimoni e feste di compleanno. Eventi organizzati all’interno di siti artistici prestigiosi. Lei è d’accordo con questa prassi o ritiene che ci sia una linea di confine tra buon gusto e corretta gestione di questi luoghi che non andrebbe superata?

Sono favorevole. Nei palazzi si celebra il potere e quest’ultimo si manifesta con le cerimonie. In chiesa si fanno messe di varia natura, nei palazzi si fanno delle feste. Al massimo si può consigliare di promuovere dei corsi dove si insegna a chi organizza questi eventi di mantenere il buon gusto senza sfociare nella volgarità. Ma è impensabile l’idea di un luogo chiuso, sacro e inviolato rispetto alla funzione che ricopre. Una sala da ballo è fatta per ballare, magari non ci fai il ‘ballo dei drogati’ ma l’evento l’organizzi, anche se dovesse trattarsi di un matrimonio. Prima i re organizzavano una festa ogni 20 giorni strutturando la scena in modo maestoso, quindi non capisco il motivo per il quale in questi palazzi non si dovrebbe organizzare un evento del genere. Ha fatto bene Felicori (il direttore della Reggia di caserta ndre fanno bene tutti gli altri che si fanno pagare per ospitare queste iniziative. Anzi io farei anche i funerali in un museo o una reggia (qui ride ndr), il pranzo o una festa per la morte di qualcuno.

Ci sarà un governo e nel caso con quale maggioranza?

Non ci sarà nessuna maggioranza e c’è l’idea di un governo tecnico. Il discorso è molto semplice, il centrodestra è arrivato primo per quel che ne dica Di Maio. Nonostante tutto, la coalizione non ha i numeri per governare. È impensabile che Salvini faccia il secondo di Di Maio perdendo i voti di Forza Italia e comportandosi in modo scorretto con i suoi alleati. Allo stesso modo è impensabile che Di Maio faccia un accordo con la Lega dopo che il suo partito ha vinto al Sud. L’alternativa sarebbe un’alleanza tra il M5S e gli sconfitti del Pd ma per loro, già umiliati dal risultato elettorale, sarebbe l’ennesimo suicidio politico. Ritorno al voto? Bisogna capire in quali condizioni, basta chiarire bene una cosa che il reddito di cittadinanza equivale al voto di scambio. Quindi, per questo, dal mio punto di vista metterei in galera tutto il gruppo dei grillini da buon giustizialista quale sono diventato. Per il resto è evidente che nessuno degli attori protagonisti della scena politica ha i numeri per dettare legge, nonostante il centrodestra che va visto come un partito unico, sia in vantaggio. Quindi Di Maio con il suo modo di fare infantile non può alzare la mano e dire “Sono arrivato secondo e comando io”. Ma chi sei? Non rompere le scatole e fai il tuo lavoro, ma lasciamo perdere non voglio rovinarmi la serata.

di Andrea Aversa e Sveva Scalvenzi

redazione

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