Negli ultimi giorni si è scatenata un’accesa polemica sui costi della festa di Capodanno a Napoli, la cifra impiegata dal Comune per l’organizzazione del concerto a piazza Plebiscito e degli spettacoli sul lungomare. In molti hanno criticato il fatto che l’amministrazione abbia speso troppo in un momento di crisi, come quella che stanno affrontando le casse napoletane che da tempo sono in pre-dissesto.
La ripartizione dei costi è illustrata nella tre delibere approvate il 28 dicembre 2017, in cui il Comune di Napoli ha affidato:
La polemica nasce dalla convinzione, errata, che a pagare siano state le casse dei contribuenti. Ma in realtà la festa di Capodanno è stata finanziata, com’era stato detto tempo fa, con una piccola parte degli introiti derivanti dalla tassa di soggiorno, l’imposta di carattere locale applicata a carico di chi alloggia in strutture ricettive di località turistiche o città d’arte.
Questa trattenuta deve essere ripartita per manifestazioni ed eventi culturali (29,1%), per la sostenibilità ambientale (17,0%), per il sostegno alle istituzioni (15,9%), per i servizi di trasporto pubblico (12,8%) e in misura più limitata per la promozione (5,7%).
Certo la critica potrebbe muoversi sulla scelte artistiche della festa, che possono piacere e non, ma questo è un altro discorso, una questione di gusti che esula dai conti e dalla cifra impegnata.
Più che fossilizzarsi sui costi, invece, sarebbe lecito domandarsi per quale motivo una città come Napoli, in cui l’amministrazione ha fatto della promozione del brand napoletano la sua attività di punta, ci si sia mossi così tardi per organizzare la festa di Capodanno. Festa che arriva una volta all’anno e che si sarebbe potuta pianificare con largo anticipo, invece di ridursi a deliberare il 28 dicembre, con quello che è somigliato essere più un blitz, che una selezione.
Sapendo che ci sarebbe stata una grossa affluenza turistica e che la promozione di un evento del genere, strutturata per tempo, avrebbe potuto attirare ancora più gente, perché ridursi, verrebbe da dire come sempre, all’ultimo? La risposta resterà un altro mistero dell’era demagistriana.
Punto della delibera in cui si spiega che i fondi sono una parte degli introiti derivanti dalla tassa di soggiorno
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