Nelle interviste rilasciate a telegiornali e programmi televisivi ha più volte dichiarato, negli ultimi giorni, di aver subito “pressioni“, “minacce“, da parte della gente del quartiere per la battaglia mediatica intrapresa dopo la violenta e brutale aggressione subita dal figlio nei giorni prima di Natale. Maria Luisa Iavarone, docente all’Università Partenoepe di Napoli, è la mamma di Arturo, il giovane di 17 anni raggiunto, per gioco, da 20 coltellate e ridotto in fin di vita da una baby gang composta da 4 ragazzini mentre aspettava l’autobus lungo va Foria.
Tantissimi gli appelli della donna alle persone che erano presenti quel giorno in strada. A chi ha visto e non ha ancora detto nulla per aiutare polizia e carabinieri a risalire ai giovanissimi aggressori del figlio. Lo scorso 24 dicembre è stato fermato uno dei componenti del gruppo: un 15enne che ha partecipato al pestaggio ma non ha accoltellato materialmente Arturo. Appelli a farsi avanti, a parlare, a ribellarsi alla feccia di Napoli, composta da una minoranza di persone, avanzati nei giorni scorsi anche dal questore Antonio De Iesu e dal comandante dei Carabinieri, il colonnello Ubaldo Del Monaco.
Lo stesso capo della polizia di Napoli, intervistato dalla trasmissione “I fatti vostri” che ha visto la partecipazione in studio della mamma di Arturo, ha rimarcato ancora una volta l’omertà sempre dilagante presente in città. “Come mai tantissimi testimoni all’evento – spiega – non hanno avuto quella sensibilità, quel senso civico di riprendere con i telefonini quelle immagini. A Napoli abbiamo un milione di telefonini, collaborare con le forze dell’ordine ci aiuta a procedere con maggiore efficacia”.
Tuttavia c’è un dettaglio che non ci è sfuggito e che, dopo le opportune verifiche, non abbiamo compreso bene. Perché la mamma di Arturo, la professoressa Maria Luisa Iavarone, non ha ancora denunciato alle forze dell’ordine le pressioni e le minacce ricevute? Dare l’esempio è importante e limitarsi, come sempre più spesso accade, a denunce social o mediatiche lascia il tempo che trova. Polizia e carabinieri hanno bisogno di azioni concrete. La mobilitazione che si è creata intorno ad Arturo è sacrosanta, legittima. Ma vanno però fatte azioni concrete prima di andare in televisione o lanciare appelli in difesa della legalità o a denunciare minacce o pressioni.
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