Cura contro il cancro: il team di Antonio Iavarone ha scoperto il ‘motore’ dei tumori

Il gruppo della Columbia University di New York, guidato da Antonio Iavarone, ha lavorato ad un risultato che potrebbe cambiare le sorti della medicina nella cura del cancro. La scoperta riguarda l’intercettazione della ‘droga’ che permette al cancro di crescere.

Antonio Iavarone è un medico di Benevento emigrato negli Stati Uniti insieme alla collega e moglie Anna Lasorella a causa dell’impossibilità di portare avanti il suo percorso di ricerca in Italia per il peso del nepotismo. Dal 2002 è a capo di un gruppo di ricerca contro i tumori, nel team che ha realizzato la scoperta ci sono moltissimi italiani: Anna Lasorella, Angelica Castano della Columbia, Stefano Pagnotta e Luciano Garofano e Luigi Cerulo, che lavorano fra la Columbia e l’università del Sannio, Michele Ceccarelli dell’Istituto Biogem di Ariano Irpino.

Il risultato dello studio è stato pubblicato su Nature, i primi approcci risalgono al 2012 quando Iavarone e Lasorella identificarono una proteina, non esistente in natura, che nasce dalla fusione di due altre proteine la FGFR3-TACC3. Questa agisce come una droga ed è in grado di far nascere il tumore, alimentarlo e renderlo dipendente. Dopo cinque anni arriva la conferma, questa proteina è quella che scatena la maggior parte dei tumori e di conseguenza, nel momento in cui viene meno, il tumore si ferma, regredisce e ‘affamato’ non può più crescere. Grazie a questa scoperta sarà possibile sperimentare terapie precise per bloccare lo sviluppo dei tumori anche di quelli particolarmente aggressivi come il glioblastoma ma che comprenderà anche varie forme di carcinoma come quello al polmone, all’esofago, alla vescica, alla mammella, alla cervice, alla testa e al collo.

Gli scienziati hanno appurato che l’elemento che innesca la fusione dei geni è l’aumento del numero e dell’attività dei mitocondri. Con farmaci che inibiscono questa protezione ci saranno dei passi importantissimi. Già in precedenza sono stati effettuati esperimenti su topi affetti da glioblastoma, constatandone un aumento della sopravvivenza.