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Camorra: le differenze con Cosa Nostra e la Ndrangheta

Storicamente la camorra si organizzò prima di Cosa Nostra in Sicilia e della Ndrangheta in Calabria, subito dopo la fallita rivoluzione partenopea del 1799, tra il 1810 e il 1820. A differenza di questi due tipi di associazione, la camorra napoletana non ha mai avuto una struttura unitaria, ma è sempre stata composta da una costellazione di clan spesso entrati in conflitto tra loro. La Camorra ha una struttura orizzontale che si contrappone a quella gerarchica-verticistica della mafia, inoltre non ha una Cupola. L’uso della violenza per i clan è fondamentale mentre i gruppi mafiosi ne fanno utilizzo necessario solo in casi estremi. Altro elemento estremamente discordante è la longevità dei boss che esercitano il potere, molto più lunga quella dei capi di Cosa Nostra, ne è un esempio Salvatore Riina morto in carcere a 87 dopo 26 anni di regime carcerario duro al 41 bis.

N.C.O. (Nuova Camorra Organizzata). Raffaele Cutolo scompaginò gli equilibri instauratisi tra la camorra e Cosa Nostra. Il professore era in ottimi rapporti con la Ndrangheta e dopo aver eliminato il vecchio boss Mico Tripo nel carcere di Poggioreale creò un’associazione criminale che non lasciasse molto ai siciliani. Nacque così la Nuova Camorra Organizzata, un movimento unitario che dapprima reclutò leve tra i giovani finiti in galera e poi si rafforzò con le estorsioni. Il vero punto di forza di Cutolo era l’affiliazione vista come riscatto sociale dalle classi subalterne campane così 7mila persona si affiliarono al clan. Gli interessi economici derivanti dalle costruzioni edilizie post terremoto però fecero entra in guerra la NCO con la Nuova Famiglia (Bardellino, Iovine, Giuliano, Zaza, Alfieri, Ammaturo, Nuvoletta e Galasso), che in cinque anni fece 1500 morti. La fine di Cutolo e dell’organizzazione nacque con questa guerra e terminò con il trasferimento del boss nel super-carcere dell’Asinara. I luogotenenti senza il capo persero potere e motivazione, vennero annientati man mano e la NCO si dissolse completamente abbandonata anche dai servizi segreti che l’avevano sostenuta in precedenza.

I PUNTI IN COMUNE. In Italia meridionale si sono sviluppati i tre fenomeni con medesime caratteristiche in tempi più o meno simili. A partire dall’Unità d’Italia il modello mafioso si è sviluppato in Campania, Sicilia e Calabria proprio a ridosso della fine del feudalesimo ad imitazione delle associazioni politiche segrete sorte in quegli anni. L’incontro tra camorristi e oppositori borbonici incarcerati avvenne nelle isole di confino e nelle carceri, senza di esso non ci sarebbero gli statuti, i rituali, i vari gradi di affiliazione, che sono copiati in gran parte dagli statuti delle società segrete massoniche e carbonare. Le associazioni criminali imitano proprio il modello politico di queste sette ed è un’assoluta novità per una forma organizza violenta infatti in precedenza banditi, briganti e pirati non si erano mai organizzati in strutture. Il luogo di reclutamento del potere è quello delle carceri e questo controllo sul sistema penitenziario esercitato dalle organizzazioni mafiose si perpetuerà fino all’introduzione del regime carcerario del 41 bis. I rapporti tra mafie e massonerie inoltre sono stati continuativi infatti all’inizio la massoneria ha influenzato gli statuti con riti e codici, in un secondo momento invece essa stringe rapporti con le mafie. La camorra utilizza i rituali prima di tutte le organizzazioni almeno fino al primo Novecento per poi abbandonarli per più di un cinquantennio fino alla reintroduzione ad opera di Raffaele Cutolo. Uso di rituali si trova anche nelle triadi cinesi, nella yakuza giapponese e nella mafia russa. Essi creano un senso di appartenenza forte e danno la convinzione di appartenere a una criminalità non comune ma che sia nobilitata e abbia un valore sociale. Altro punto di rottura delle mafie rispetto alla criminalità passata è l’utilizzo della violenza da sempre strumento delle classi sociali più abbienti. Infine il rapporto delle mafie con i ceti proprietari e quelli dominanti, dai rapporti predatori arcaici ai rapporti paritari.

Camorra, Cosa Nostra e Ndrangheta hanno sempre comunicato e imparato le une dalle altre, senza voler occupare i territori altrui, ma anzi collaborando spesso. Come avvenne quando molti latitanti siciliani scelsero di vivere in Campania approfittando delle coperture di cui potevano godere e si crearono delle sinergie, in particolare Michele Zaza, i Nuvoletta di Marano che si affiliarono alla componente dei corleonesi e Antonio Bardellino dell’area casertana, fondatore dei Casalesi.  Il rapporto tra la mafia e la camorra è sempre esistito e diverse sono state le situazioni in cui è stato possibile conoscere il connubio della camorra organizzata. Giorgio Mottola, giornalista della trasmissione Report, ha interamente ricostruito il ruolo della mafia siciliana sugli affari della camorra. Nel testo c’è un episodio che racconta come Raffaele Cutolo, il boss più prestigioso che fondò la Nco (Nuova Camorra Organizzata) oggi rinchiuso nel carcere di massima sicurezza di Parma, si sia ribellato ai dettami della mafia sfidando il capo dei capi. L’aneddoto raccontato è il seguente: alla fine degli anni Settanta, in un vertice tra camorra e mafia Riina impone a Cutolo di affiliarsi puntatogli una pistola alla testa, ma il boss replica con queste parole: “O spari o ti piscio sulla pistola. Cutolo, però, aveva solo iniziato la sua sceneggiata. Si alzò e, piantandosi di fronte a Riina, aprì la patta e gli pisciò la scarpa“. Questi episodi, riportati nel’inchiesta di Mottola, fanno parte dell’interrogatorio del ‘Professore Vesuviano’ ancora oggi secretato.

Isaia Sales – Le mafie come metodo e modello, la Repubblica

Giorgio Mottola – Camorra Nostra

Fabiana Coppola

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