C’era anche Gabriele Brusciano, 40 anni, nel gruppo di fuoco di Giuseppe Setola, il boss stragista dei Casalesi che nel 2008, dopo essere evaso in primavera da una clinica di Pavia, tornò nei territori in provincia di Caserta dando origine a una vera e propria mattanza che nel giro di pochi mesi provocò 18 morti, strage di Castelvolurno compresa.
Brusciano faceva parte del gruppo di fuoco che la sera del 12 dicembre 2008 a Trentola Ducenta si recò sotto le abitazioni di due affiliati disobbedienti, Salvatore Orabona e Pietro Falcone, rei di “andare a chiedere il pizzo per conto di Setola senza versare una quota al clan”. Su una delle auto sulla quale viaggiava il commando, una Lancia Ypsilon, c’era una cimice delle forze dell’ordine che riprese in diretta i due tentativi di omicidio.
A distanza di quasi 9 anni, questa mattina i carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Caserta hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dall’ufficio GIP presso il Tribunale di Napoli su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di Gabriele Brusciano (già ristretto per altra causa), detto “Massimo”, affiliato al clan dei Casalesi, gruppo Setola.
Secondo la ricostruzione dei militari sulla base di dichiarazioni rese da alcuni collaboratori di giustizia, Brusciano risulta aver preso parte al gruppo di fuoco che il 12 dicembre del 2008 pose in essere un duplice tentato omicidio nei confronti dei due differenti obiettivi. Le motivazioni del duplice tentato omicidio sono da ricondurre nell’ambito della strategia del terrore attuata dal clan dei Casalesi, diretta dalla frangia facente capo al sanguinario Giuseppe Setola. In effetti Orabona e Falcone, anch’essi gravitanti nell’area della criminalità organizzata operante nel territorio casertano, erano oramai entrati in rotta con il gruppo Setola e per questo dovevano essere eliminati.
L’AGGUATO IN DIRETTA
Quindi la sera del 12 dicembre 2008 il commando, composto da 8 persone, tra cui Brusciano, armati di pistole e kalashnikov, e con in sottofondo canzoni neomelodiche, si recarono prima nei pressi dell’abitazione di Orabona e con il pretesto di offrirgli una torta e una bottiglia di champagne provarono a tendergli una trappola. Non riuscendo nel loro intento perché Orabona, attraverso le telecamere installate all’esterno dell’abitazione, si rese conto del pericolo che correva e preferì rifugiarsi in casa, i sicari esplosero lo stesso numerosi colpi d’arma da fuoco apostrofando in malo modo la vittima (“cornuto vieni fuori, esci uomo di merda”) prima di andarsi “a prendere un caffè”.
Poco dopo si recarono presso l’abitazione di Pietro Falcone ma, a causa di un errore si presentarono dove abitava una famiglia del tutto estranea alle logiche criminali, esplodendo una serie impressionante di colpi d’arma da fuco. Nell’agguato rimase ferita a una gamba Giuseppina Molitierno, vicina di casa di Falcone. I due raid si conclusero con l’esplosione totale di ben 107 colpi.
Sarà proprio la Lancia Ypsilon a condurre nelle settimane successive gli inquirenti al covo di Giuseppe Setola, arrestato l’11 gennaio del 2009 a Trentola Ducenta.
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