Da sinistra Alfonso Agnello e Umberto Onda
La Corte di assise di Napoli, presieduta dal giudice Alfonso Barbarano, si è pronunciata: due ergastoli, rispettivamente a Alfonso Agnello detto ‘chiochiò e Umberto Onda alias ‘Umbertino (già detenuto nel carcere di massima sicurezza Opera di Milano), killer spietati del clan Gionta, sodalizio egemone a Torre Annunziata. I due sono accusati di omicidi differenti ma che rientrano all’interno della stessa faida, quella tra i Gionta e Gallo–Cavalieri. Una guerra che ha insanguinato dal 2004 al 2007 le strade del paese vesuviano, attirando l’attenzione degli investigatori della DDA (Direzione Distrettuale Antimafia).
Questi ultimi hanno usufruito delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Michele Palumbo detto ‘Munnezza e Aniello Nasto alias ‘Quarto piano. Il primo ha confessato di aver ucciso Vincenzo Amoretti ‘Banana il 20 aprile del 2007, sparandogli un colpo di pistola alla tempia. Il secondo ha invece preso parte all’omicidio di Anna Barbera (già nota alle forze dell’ordine per qualche piccolo precedente) avvenuto il 12 marzo del 2004. Quest’ultima era la madre di Umberto Ippolito a sua volta ammazzato dagli uomini del clan Gionta il 22 febbraio del 1994 (ad auto accusarsi per questo delitto è stato un altro killer, Salvatore Barbuto).
Come riportato da Il Roma, per quanto riguarda l’assassinio di Amoretti, Palumbo ha raccontato agli inquirenti di essere stato assistito da Agnello che lo aspettava dopo l’agguato. Entrambi erano vestiti da poliziotti e fecero, indisturbati, il loro ingresso nell’abitazione della vittima. ‘Banana faceva parte del sodalizio nemico e il suo peccato è stato quello di esplodere dei colpi d’arma da fuoco all’esterno dell’abitazione dei suoceri di Pasquale Gionta.
Invece la Barbera è ricordata per essere la “Mamma coraggio” che ha osato sputare in faccia agli assassini del figlio durante il processo nei loro confronti. Secondo le dichiarazioni dei pentiti, ad aver ucciso la donna è stato Onda sparando diversi colpi d’arma da fuoco in sella ad uno scooter guidato da Nasto. Il giovane Ippolito è stato ucciso proprio sotto casa della madre. Pochi giorni dopo avrebbe dovuto testimoniare in un processo a carico di Luigi Limelli, boss del clan di Boscotrecase.
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