Si dice che i gatti abbiano 7 vite. Da oggi, almeno per quelli che frequentano le zone vesuviane, non ne avrebbero neanche una. Secondo molte notizie rimbalzate sul web da questa mattina, le esistenze di questi felini sarebbero state date in pasto alle fiamme, bruciate brutalmente e sfruttate per incendiare il Vesuvio. Apriti cielo, le reazioni dell’opinione pubblica (giustamente) rispetto alla “mattanza dei gatti“, sono state feroci ed immediate. Quale essere umano potrebbe essere capace di commettere un’azione del genere? Due violenze in una: dare fuoco al vulcano simbolo della città, utilizzando come miccia incendiaria un animale. Un orrore che meriterebbe una pena esemplare.
Alla fine ci mancava anche qualche testimonianza che avrebbe dichiarato di “aver sentito odore di gatto arrosto” tra i fumi sparsi in giro dalle fiamme e la barzelletta sarebbe stata completa. Peccato che qui c’è poco da ridere. L’inferno che sta vivendo il Parco Nazionale del Vesuvio non è una sceneggiatura comica ma non lo è nemmeno per una drammatica, se questa risulta essere falsa. Così dopo lo scandalo ecco arrivare i primi articoli e svariati post che affermano la falsità di questa notizia. Nessuno ha utilizzato dei gatti per dare fuoco al nostro vulcano, animalisti potete stare tranquilli (già leggo in giro di politici pronti ad un’interrogazione parlamentare in merito, non credo che a Roma deputati e senatori abbiano tempo da perdere per dibattere su una fake news, almeno lo spero).
Queste sono le dichiarazioni di Stella Cervasio, giornalista di Repubblica che ha dedicato alla vicenda un post pubblicato sul suo profilo Facebook. Ma non è l’unico caso, il Corriere del Mezzogiorno ha confermato che la storia dei gatti usati per incendiare il Vesuvio è una sciocchezza, smentita anche dalla Forestale. Tuttavia, Il Mattino nella versione online ha avuto come apertura questa notizia.
Ma allora perché pubblicare una cosa del genere? Semplice. Perché una notizia che afferma l’utilizzo dei gatti per incendiare un vulcano, suscita scalpore, clamore e indignazione. Sentimenti perfetti per attirare l’attenzione del pubblico su un articolo. La cosa è costruita bene, lanciata nel mare dell’informazione proprio nel momento più propizio. Magari tutto ha avuto inizio da una semplice voce, quei classici “si dice che…“, “sai cosa dicono…“, “mi hanno detto…“, frasi che escludono sempre il mittente del messaggio e rendono quest’ultimo impersonale, oggettivo, quasi universale. Di conseguenza tragicamente vero, almeno per la nostra percezione. Una manna per l’epoca della post verità.
Tuttavia, gatti e fake news a parte, la situazione è drammatica. Il Vesuvio va a fuoco, l’emergenza c’è e bisogna fare qualcosa. Gli inutili allarmismi sono sgraditi, così come la falsa informazione (anzi soprattutto quest’ultima), ma la realtà va affrontata. Siamo sicuri che le istituzioni lo stiano facendo al meglio? Siamo sicuri che saranno individuate le cause che hanno provocato i roghi? Siamo sicuri, nel caso in cui essi siano dolosi che i responsabili saranno puniti? Perché oltre ai cittadini sono vittime di tutto ciò anche gli operatori che stanno prestando soccorso sul posto, e anche loro meritano rispetto e correttezza. Sarà un’estate molto calda, anzi già lo è, ed agosto deve ancora arrivare.
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