Quando Antonio Cardarelli lasciò questo mondo, moltissime personalità politiche e culturali, da tutta Italia, intervennero per ricordare, a loro modo, il compianto scienziato. Mussolini inviò alla famiglia un telegramma nel quale non traspare la lunga frequentazione tra i due, ma solo la gratitudine per il servizio reso alla Patria e alla Scuola. D’Annunzio stesso immortalò l’umanità di Cardarelli in uno storico epitaffio.
La fatidica data giunse il 7 gennaio del 1927, quando lo scienziato aveva ormai novantasei anni. Parenti e amici sapevano da tempo che i tempi per la sua dipartita erano purtroppo ormai maturi, ma questo non attenuò affatto il loro dolore. Il 26 dicembre era stato costretto a letto da un attacco di coliche. Due suoi allievi lo visitarono e non vi trovarono problemi particolarmente evidenti, se non i classici acciacchi dell’età.
Faceva ben sperare il fatto che, col passar dei giorni, la salute di Antonio Cardarelli sembrava migliorare. Era tornato a disquisire con i suoi colleghi, a discutere con i conoscenti, addirittura a litigare con un certo Pietro Castellino, secondo le cronache dell’epoca, fino ad arrivare quasi alle mani. Il 2 gennaio, però, una nuova crisi lo debilitò fortemente.
Ad un collega senatore passato a fargli visita prese le mani, e guardandolo sereno negli occhi disse: “Sei venuto con gli altri a vedere come si spegne lentamente Antonio Cardarelli”. In effetti lo scienziato era perfettamente consapevole di quanto gli stava accadendo, tanto da partecipare ai consulti medici di chi lo seguiva, contribuendo in maniera decisiva alla diagnosi.
Cominciò anche a dare disposizioni riguardo la sua morte, e il 7 gennaio, raccolti intorno a sé amici e parenti più stretti, chiese loro che al suo funerale non fossero portati né fiori né parole. Infine fece chiamare il parroco, convinto che sarebbe morto quel giorno stesso. La sua agonia durò cinque minuti. Alle sette il luminare non c’era più.
Si spegneva una vita intensa, piena di storie straordinarie. Basti pensare che la prima cosa che fece a Napoli, una volta giunto dal Molise, a soli 16 anni, fu quella di unirsi ai carbonari e di sfidare re Ferdinando nel tentativo di ottenere una Costituzione. A soli 16 diventò quindi un osservato speciale, anche se la sua condotta irreprensibile portò dalla sua tutti i testimoni interpellati.
Quando aveva 22 anni uscì un bando per assistenti al nosocomio degli Incurabili. Cardarelli non poteva partecipare al concorso perchè non possedeva i requisiti, ma ci provò lo stesso. Venne a sapere di un assente e sostenne l’esame al suo posto. Il suo colloquio fu talmente brillante e a tal punto impressionò la commissione che risultò primo assoluto su quasi 200.
La pioggia di ricorsi fu impressionante. Il caso assunse dimensioni nazionali nel momento in cui, anche di fronte all’evidente violazione delle regole del candidato, la Commissione si ostinò nel difendere la propria scelta. Si scomodò persino il Ministro della Pubblica Istruzione, al quale il presidente della Commissione rispose: “O entra Cardarelli, o ne usciremo tutti noi”.
Non erano solo le sue competenze in ambito medico ad impressionare. Un’altra dote lo rese famoso: saper immediatamente eseguire una diagnosi, al primo sguardo. Gli bastava infatti dare un’occhiata fugace ad un paziente o a persone ignare di esserlo ai suoi occhi, e sapeva individuare con certezza il male di cui soffrivano.
Questa dote taumaturgica straordinaria, unitamente alle sue competenze, alla stima incondizionata dei potenti che a lui affidavano la propria salute e quella dei propri cari, e all’idolatria che gli tributava il popolo, che il medico spesso visitava e curava gratis, senza nemmeno essere interpellato, fecero di Antonio Cardarelli una leggenda vivente.
Gli aneddoti intorno a lui si moltiplicavano ogni giorno di più. E si fa fatica a crederlo, ma erano tutti veri e comprovati. Sulla tratta Roma-Napoli, in treno, Cardarelli condivideva lo scompartimento con una coppia di coniugi. Lei apre il finestrino, Cardarelli lo richiude. Lei lo riapre, Cardarelli lo richiude. La terza volta il medico sbotta: “Ca io pe tte ’o dico. Tu si’ a tisica, no io! E t’o ddice don Antonio Cardarelli!”. Scesa dal vagone, la signora si fece visitare: tisi galoppante.
Elvira Donnarumma era una cantante dell’epoca, molto nota. A lei Cardarelli diede un anno di vita, diagnosticandole un cancro epatico. Due anni dopo i due si incontrarono, ed il medico porse alla cantante le sue scuse per averle annunciato la morte entro l’anno, al loro primo incontro. Elvira Donnarumma sarebbe morta solo nel 1933, ma per un tumore al fegato.
Fece scalpore il caso legato al Papa Leone XIII. I dottori del Vaticano, solitamente noti per essere selezionati tra i migliori al mondo, avevano sentenziato che i problemi di salute del Papa derivavano da una pleurite essudativa. Cardarelli non aveva visitato il Papa, ma leggendo il bollettino medico, si fece un’idea diversa: tumore mortale alla pleura.
La sua intuizione fu raccolta e pubblicata con l’inganno, sottoforma di intervista mai concessa, da un allievo di Cardarelli che faceva anche il giornalista. La notizia dell’imminente morte del Papa suscitò le ire del Vaticano, e l’ansia di tutti i fedeli. Cardarelli si ritrovò al centro di un’enorme bufera, per aver solo confessato le proprie impressioni ad un suo allievo.
Fatto sta che Leone XIII morì, e sebbene non vi sia autopsia che lo certifichi, morì molto probabilmente di tumore alla pleura, visto che gli imbalsamatori che si occuparono di quel corpo, confermarono l’intuizione del dottore. L’odio dei medici vaticani, immaginiamo viscerale, non era molto diverso dall’odio dei colleghi semplici di Antonio Cardarelli.
Spesso le diagnosi del dottore erano oggetto di scherno da parte di altri dottori che non gradivano la sua aura di santone moderno. Alcuni gli organizzarono un trabocchetto. Inviarono da Cardarelli un finto malato, per fare in modo che il “santone” si esponesse pronunciando una diagnosi del tutto infondata. La diagnosi arrivò: nefrite cronica. La morte del falso malato pure: per nefrite cronica.
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