Michele Barone, ex fedelissimo del boss Michele Zagaria, oggi collaboratore di giustizia, ha raccontato alcuni retroscena del gruppo dei Casalesi. Le sue deposizioni sono state consegnate dai pm della DDA di Napoli durante il processo, attualmente in corso, presso il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, a carico di Michele Zagaria e del suo omonimo Fortunato Zagaria, ex sindaco di Casapesenna, accusati di violenza privata con aggravante mafiosa.
Barone ha raccontato i dettagli di un attentato che avrebbero dovuto fare all’ex sindaco di Casapenna, Giovanni Zara nel 2009. Quello che viene fuori dalle testimonianze del collaboratore di giustizia è un sistema criminale strettamente legato alla politica locale, che addirittura gestiva direttamente il potere attraverso sindaci e consiglieri da loro scelti.
Giovanni Zara, però, i casalesi non riuscirono a manovrarlo. Questo perché il primo cittadino non si fece sottomettere ai voleri del gruppo camorristico. Zara fu sindaco per pochi mesi tra il 2008 e il 209, il suo vice era proprio Fortunato Zagaria, che avrebbe dovuto controllarlo e gestirlo, cosa che non riuscì a fare. Fu questo il motivo per cui i casalesi decisero di uccidere l’allora sindaco, che era diventato una persona troppo scomoda.
“Fortunato Zagaria era il rappresentante di Michele Zagaria presso il Comune di Casapesenna; egli era il semplice sindaco del Comune, ma tutte le decisioni più importanti venivano prese dall’ex primula rossa del clan dei Casalesi. Tutti i sindaci di Casapesenna erano espressione di Michele Zagaria, che decideva con quali voti doveva essere eletto; un solo sindaco fa eccezione, non nell’elezione bensì nell’attuazione delle direttive di Michele Zagaria, parlo di Giovanni Zara. Una volta eletto cominciò a non essere più fedele esecutore delle direttive di Michele Zagaria, per cui doveva essere punito“, questa la testimonianza di Barone.
L’attentato a Giovanni Zara fu annullato, ha spiegato Barone, quando l’ex sindaco fece dichiarazioni molto pesanti contro alcuni ex consiglieri comunali che decisero di sfiduciarlo. L’attenzione mediatica su di lui divenne troppo alta e i casalesi capirono che se l’avessero ucciso, l’omicidio sarebbe stato facilmente ricondotto a loro.
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